Giugno 2017
_ _ _ M O N D O
Il 14 giugno, la Federal Reserve ha annunciato il secondo rialzo dei tassi d’interesse nel corso del 2017. La banca centrale americana ha dunque deciso di alzare il costo del denaro di 25 punti base, da un range tra 0,75% e 1% ad un intervallo tra 1% e 1,25%. Il rialzo riflette i progressi dell’economia americana, che vede il mercato del lavoro avvicinarsi alla massima occupazione, sebbene l’inflazione sia rimasta al di sotto dell’obiettivo del 2%. Durante l’ultima riunione, è stato inoltre annunciato l’inizio del piano di riduzione del portafoglio titoli da 4.500 miliardi accumulato durante gli ultimi dieci anni circa.
Per quanto riguarda il quadro macroeconomico, la FED ha rivisto leggermente al rialzo le stime sulla crescita dell'anno in corso, prevedendo un aumento del Pil degli Usa pari al 2,2% su base annua (rispetto al 2,1% di marzo), mentre ha lasciato invariate quelle per il 2018 (+2,1%). I più; recenti dati macroeconomici relativi all’andamento dell’economia Usa, tuttavia, non hanno soddisfatto le aspettative degli operatori di mercato. Ad alimentare lo scetticismo degli investitori una crescita modesta dell’economia (il Pil nel primo trimestre è salito dell'1,2%), l'inflazione ancora debole, il rapporto sul lavoro della settimana scorsa al di sotto delle aspettative (+138mila posti di lavoro a maggio rispetto ai 180mila stimati e disoccupazione al 4,3%). In aggiunta a tali perplessità, la curva dei rendimenti dei titoli di Stato americani, espressione della differenza tra i rendimenti dei bond a breve e lungo termine, mostra attualmente un andamento piuttosto piatto. Lo spread tra i rendimenti dei titoli di Stato Usa a due e dieci anni è, infatti, pari a 87 bps, il minimo registrato da inizio ottobre 2016. Tale andamento è solitamente associato ad un rallentamento dell'economia.
I mercati azionari globali hanno manifestato una apprezzabile tenuta. Gli indici USA hanno continuato a muoversi in prossimità dei relativi massimi nonostante la testimonianza dell’ex direttore dell’FBI Comey sul Russiagate, la condanna da parte della UE a Google ad un risarcimento plurimiliardario per abuso di posizione dominante ed il già citato rialzo dei tassi da parte della FED.
_ _ _ E U R O P A
L’8 giugno, la BCE ha annunciato la decisione di lasciare invariati i tassi di interesse e ha confermato che manterrà invariato il programma di QE, con acquisti di titoli per un ammontare pari a 60 miliardi di euro al mese fino a dicembre 2017. Per quanto riguarda il quadro macroeconomico, la BCE ha rivisto al rialzo le proiezioni di crescita del PIL europeo nel corso dei prossimi anni. Si prevede un incremento pari a 1,9% per il 2017 (rispetto all’1,8% previsto in precedenza), 1,8% per il 2018 (da 1,7%) e 1,7% per il 2019 (da 1,6%). Sono state, invece, tagliate le stime di crescita dell’inflazione all’1,5% per il 2017 (da 1,6%) e all’1,3% per il 2018 (da 1,7%); confermate all’1,6% le stime per il 2019. La revisione al ribasso è stata giustificata con il calmieramento dei prezzi del petrolio.
Alcune dichiarazioni nel corso dell’ultima settimana del mese, sia del Governatore Draghi che di altri esponenti del direttorio BCE, hanno sorpreso gli operatori di mercato: i contenuti di tali dichiarazioni hanno lasciato intendere che il processo di QE non solo possa non essere prolungato oltre la fine di quest’anno ma addirittura si possa procedere ad una riduzione dell’immissione di liquidità in tempi più; brevi di quanto previsto.
Gli indici azionari UK hanno assorbito l’effetto della maggiore incertezza politica legata all’esito delle elezioni parlamentari che hanno ridimensionato in maniera notevole la Premier May, trovando beneficio nella debolezza della sterlina e nel ridursi della probabilità di una “hard-Brexit”.
Le altre piazze europee sembravano addirittura beneficiare delle vicende riguardanti i salvataggi bancari prima in Spagna con l’acquisto del Banco Popular da parte del Banco Santander al prezzo simbolico di 1 euro poi, più; o meno negli stessi termini, in Italia con il salvataggio delle Banche Venete da parte di Intesa San Paolo con il contributo fondamentale delle garanzie di Stato. Le attese di inasprimento, seppur graduale, delle condizioni monetarie hanno fatto registrare una serie di prese di profitto più; marcate sui listini dell’area Euro anche in conseguenza del forte apprezzamento della divisa europea che ha raggiunto i massimi da oltre un anno (sopra 1,14 contro il dollaro e 129 contro lo Yen).
I rendimenti dei titoli obbligazionari governativi hanno anch’essi risentito delle mutate aspettative sui tassi europei e dopo alcune settimane di relativa stabilità nel corso degli ultimi giorni hanno fatto registrare rialzi di circa 20 punti base sulle scadenze più; lunghe.
_ _ _ I T A L I A
Sul versante domestico l’esito delle elezioni ammnistrative non ha comportato grandi movimenti sulle quotazioni delle attività domestiche mentre l’attenzione degli operatori si è concentrata sicuramente sulle vicende relative al sistema bancario con in primo piano il salvataggio da parte di Banca Intesa delle due Banche Venete finalizzata ad evitare l’applicazione delle procedure di bail-in appurato lo stato di pre-insolvenza dei due istituti. Tale evento fa seguito all’autorizzazione delle istituzioni europee alla soluzione della vicenda Monte Paschi con relativa dismissione di una grande pacchetto di crediti inesigibili al mercato e della ricapitalizzazione di Banca Carige dopo il nuovo cambio al vertice operativo dell’istituto ligure. La reazione degli operatori a tali eventi è stata positiva con i titoli del settore bancario ed in particolare banca Intesa a trainare il listino domestico e nonostante il clima difficile sui mercati dell’ultima settimana le attività finanziarie italiane (azioni e titoli di stato) hanno sovraperformato gli altri mercati.
_ _ _ I N A R C A S S A
Il patrimonio di Inarcassa a valori correnti di mercato fa registrare a fine mese un valore di poco superiore ai 9,7 mld di euro. Il contributo della gestione finanziaria si mantiene positivo dall’inizio dell’anno (con un rendimento a valori di mercato prossimo al +2,7%), grazie soprattutto al contributo della componente azionaria europea all’interno della quale continua a distinguersi la componente destinata ai titoli domestici. La performance del mese di Giugno è stata parzialmente frenata dal nuovo deprezzamento del dollaro considerato che l’esposizione alla divisa americana è pari a circa il 10% del patrimonio, come previsto dall’AAS, anche se la conferma di alcune operazioni di copertura del rischio valutario contribuiscono a mitigare tale penalizzazione.
L’atteggiamento prudente tenuto con riferimento al rischio tasso ha giovato in una fase di rialzo dei rendimenti obbligazionari quale quella registrata a fine mese.