ShortLetter - 05/2019
_ _ _ M O N D O
Il mese appena trascorso si è caratterizzato per il prevalere di un clima di forte avversione al rischio sui mercati globali da ricondurre, in maniera prevalente, alle dinamiche commerciali. La contrapposizione tra Stati Uniti e Cina si sta inasprendo. Da un lato la Cina ha reagito all’aumento delle tariffe americane imponendo le proprie sui prodotti statunitensi. Dall’altro si allunga la lista delle aziende tecnologiche che sospenderanno le forniture a Huawei. Questa situazione ha portato alcuni colossi come Google e Qualcomm a sospendere forniture di servizi e microprocessori al secondo produttore mondiale di smarthphone. E non si tratta solo di aziende americane. Contemporaneamente, in Cina monta la retorica contro l’amministrazione americana. L’organo di stampa del Partito Comunista Cinese, il Quotidiano del Popolo, ha definito gli Stati Uniti la più; grande fonte di guai della comunità internazionale mentre si mostra sempre più; concreta la minaccia espressa da Pechino di limitare l’esportazione delle cosiddette “terre rare”, vale a dire i diciassette elementi chimici fondamentali nelle produzioni tecnologiche avanzate e nel settore strategico della difesa.
La spirale negativa che sta avvolgendo le relazioni tra USA e Cina è molto preoccupante. Il timore dei mercati è quello che il perdurare dell’incertezza e l’inasprimento delle misure possa incidere sulla crescita economica prospettica, accelerando il movimento verso la fine di uno dei cicli economici positivi più; lunghi della storia del dopoguerra, almeno per gli Stati Uniti.
La data chiave per immaginare una soluzione alla diatriba, rimane il G20 del 28/29 giugno.
Sul finire del mese le tensioni commerciali si sono arricchite di un nuovo capitolo dopo la decisione di Trump di imporre dazi del 5% su tutte le merci importate dal Messico, con la possibilità di portarli al 25% entro ottobre, qualora il governo messicano non attui politiche efficaci nel contrasto all’immigrazione clandestina. Si tratta di una decisione inaspettata, soprattutto, se si considera che l’accordo commerciale fra USA, Canada e Messico (il nuovo Nafta) era stato siglato sul finire del 2018 ed ora è in attesa di approvazione da parte dei parlamenti nazionali.
Anche la stagionalità non depone a favore dato che il mese di maggio si associa al noto adagio anglosassone “sell in May and go away” (vendi In maggio e scappa). Sul fronte positivo va però ricordato che l’atteggiamento di tutte le principali Banche Centrali è estremamente accomodante e che una caduta di tono negli indicatori prospettici sulla crescita potrebbe portare la Federal Reserve ad agire riducendo i tassi.
All’interno di questo scenario, i listini azionari hanno chiuso il mese in significativa flessione, appesantiti dalle vendite su tutti i settori: in Europa -6,5%, in USA -5,5%, in Italia -9% male come i Paesi emergenti (-9%).
L’avversione al rischio si è riverberata sui mercati obbligazionari, dove i rendimenti delle emissioni governative sono scesi sia sulla componente core che su quella periferica. Relativamente alle emissioni statunitensi, i tassi a breve termine sono rimasti stabili, mentre quelli a più; lungo termine sono scesi in media di 40 punti base provocando l’inversione della curva nel tratto 3 mesi-10anni. Relativamente all’area Euro, il decennale tedesco è sceso ulteriormente raggiungendo un rendimento negativo dello 0,20%. Gli acquisti hanno premiato anche la componente periferica, con i decennali di paesi come la Spagna e il Portogallo che hanno raggiunto minimi storici. Unica eccezione in questo quadro di positività l’Italia che, in un contesto di flight to quality, viene considerata un’asset class rischiosa. Ovviamente pesa la difficoltà nella definizione di una strategia univoca ed organica nella gestione dei conti pubblici, come peraltro emerge anche dallo scambio “epistolare” con la Commissione, e la significativa incertezza sui prossimi sviluppi del quadro politico interno.
Negli Stati Uniti, le vendite al dettaglio, hanno registrato in aprile un calo dello 0,2% in termini mensili. Il dato, sintetizza una debolezza che ha interessato quasi tutti i settori e in maniera particolare quello delle auto.
Anche il dato sulla produzione industriale, complessivamente scesa dello 0,5% ad aprile, ha deluso le attese del consensus. Il declino, come nel caso delle vendite al dettaglio, ha interessato tutti i settori (escluso quello minerario), con un importante contributo negativo proveniente dal settore auto. La stima sull’inflazione per il mese di aprile ha mostrato un lieve rafforzamento, con il tasso complessivo di crescita dei prezzi su base annua salito al 2%, dall’1,9% precedente.
In Cina l’indice di fiducia delle imprese industriali è risultato in calo e sotto le attese (49,4 rispetto al precedente 50,1) e le stime sulla bilancia commerciale di aprile hanno deluso le attese, mostrando una nuova contrazione delle esportazioni (-2,7% su base annua) a fronte di un rialzo delle importazioni (+4%) contribuendo ad alimentare le incertezze sulla tenuta del ciclo economico globale.
Tali timori sono evidenti anche sui mercati delle materie prime dove il prezzo del petrolio Brent è crollato a 62 dollari al barile (-8,1%) in conseguenza della possibile riduzione della domanda cinese ed al contestuale incremento delle scorte Usa.
Infine, sulle divise rafforzamento classico dello Yen nelle fasi di maggiore volatilità e rafforzamento del dollaro nei confronti dell’Euro che scende di nuovo sotto quota 1,12, chiudendo a 1,117.
_ _ _ E U R O P A
L’esito elettorale non ha avuto un particolare impatto sui mercati finanziari, dato che a livello complessivo l’avanzata dei partiti sovranisti e populisti è stata contenuta, con alcune notevoli eccezioni, peraltro attese, come nel Regno Unito, Francia e Italia. Il “governo” dell’Europa dovrebbe quindi rimanere nelle mani dei movimenti europeisti costituiti dal blocco dei Popolari, dei Socialisti e dei Liberali. Da sottolineare soprattutto in Germania l’avanzata dei Verdi, che hanno raccolto parecchi voti di protesta contro i partiti tradizionali della CDU e della SPD, arrestando l’avanzata dell’estrema destra della AfD.
In Inghilterra il Primo Ministro Theresa May ha infine gettato la spugna. Dopo l’ennesimo fallito tentativo di far approvare al Parlamento l’accordo sulla Brexit da lei negoziato con l’Unione Europea, venerdì ha annunciato le proprie dimissioni da leader del Partito Conservatore per il 7 giugno. Prende quindi il via la contesa da cui scaturirà il nome del suo successore alla guida del Partito e quindi alla carica di Primo Ministro. Probabilmente la scelta ricadrà su un membro dell’ala più; Euro-scettica dei Conservatori, qualcuno che vorrà un distacco netto dall’Unione Europea. Il Parlamento inglese ha però dimostrato in questi mesi di essere in maggioranza contrario a questa ipotesi. In questo momento l’incertezza è massima. Elezioni anticipate, un nuovo referendum, nessuna Brexit oppure una Brexit senza accordo sono tutti esiti possibili. Non stupisce quindi l’alta volatilità mostrata in settimana dalla Sterlina.
Sul fronte macroeconomico le nuove stime di crescita pubblicate dalla Commissione Europea hanno mostrato una revisione al ribasso per la zona Euro, per cui è atteso un incremento dell’1,2% nel 2019, rispetto alle precedenti stime pari all’1,9%, dall’1,9% messo a segno nel 2018. Sebbene da tutti i paesi della zona si attende una crescita positiva nel 2019, revisioni al ribasso hanno interessato le stime per tutti i principali paesi e, in particolare, quella per la Germania, passata allo 0,5% dall’1,8% e quella per l’Italia, passata allo 0,1% dall’1,2%. La crescita dell’area Euro è poi attesa rafforzarsi nel 2020, con un incremento del PIL dell’1,5% su anno, sostenuta dalla dinamica della domanda interna e, in particolare, dai consumi, supportati dai miglioramenti del mercato del lavoro.
Ad aprile l’indice dei prezzi al consumo è cresciuto dell’1,7% in termini annuali, in linea con le attese. L’inflazione core si è attestata all’1,3%, leggermente al di sopra di quanto atteso (+1,2%).
Secondo quanto emerge dalla stima preliminare, il Pil è cresciuto dello 0,4% nel primo trimestre del 2019 (in termini trimestrali), in linea con le attese. In particolare, in Germania, dopo la crescita nulla nell’ultimo trimestre del 2018, il Pil è cresciuto dello 0,4% con un importante contributo derivato dalla domanda interna.
_ _ _ I T A L I A
In Italia sarà importante verificare quanto l’esito elettorale possa tradursi o meno in ipotesi di elezioni anticipate e nel caso quando esse si terrebbero. Elezioni a settembre potrebbero spaventare i mercati a causa della concomitanza di diversi altri eventi, tra cui anche il giudizio delle agenzie di rating oltre che alle scadenze di BCE, commissione europea e legge finanziaria.
_ _ _ I N A R C A S S A
A fine Maggio il patrimonio di Inarcassa a valori correnti di mercato rimane superiore ai 10,6 mld penalizzato nel mese sia dai cali dei listini azionari che dalle uscite previdenziali a fronte di un nuovo ulteriore contributo positivo della componete obbligazionaria denominata in dollari. Il rendimento gestionale a valori di mercato da inizio anno mostra ancora un risultato positivo superiore al 3,5%. Rimane positivo il trend degli assets italiani, nonostante la non brillante condizione dell’economia domestica. Continua l’adeguamento del portafoglio con il sempre maggiore utilizzo di strumenti finanziari che rispettino i principi di investimento responsabile (ESG) adottati da Inarcassa, con particolare riferimento alle emissioni obbligazionarie destinate al finanziamento di iniziative di sostenibilità ambientale (Green Bonds).
Pubblicato: 6 giugno 2019