ShortLetter - 10/2018

_ _ _ M O N D O
Nel corso del mese sui mercati finanziari è prevalsa una fase di aumento dell’avversione al rischio che ha penalizzato, soprattutto, i listini azionari e le emissioni governative di alcuni mercati periferici (in primis dell’Italia).
All’interno di uno scenario nel quale si sono nuovamente acuite le tensioni commerciali fra l’amministrazione Trump e il governo cinese, i listini azionari statunitensi hanno registrato la peggiore performance mensile dal 2016, con le vendite che hanno colpito maggiormente i comparti più; ciclici. La divergenza, da inizio anno a fine Settembre, tra la performance positiva del mercato USA e la performance negativa degli altri mercati si è risolta in una convergenza verso il basso.
In questo contesto, si è registrato l’inusuale attacco del presidente Trump alla FED definita “pazza” per aver alzato troppo velocemente i tassi ufficiali. Le motivazioni sembrano più; propriamente politiche in vista delle prossime elezioni di Midterm del 6 Novembre che costituiranno un nuovo test per la fiducia degli operatori finanziari.
I mercati stanno affrontando un triplo duro confronto: quello tra governo italiano e Commissione europea, tra la stessa e il Governo britannico sul tema Brexit, ed infine quello tra Cina ed Usa riguardo le politiche commerciali. Per quanto riguarda la Brexit, viste le difficoltà a raggiungere un accordo tra il governo britannico e la UE che sia anche accettabile dal Parlamento inglese, continuano le indicazioni di fonti di stampa che il Ministro May starebbe prendendo in considerazione un rinvio, fino a un anno. Per quel che riguarda la diatriba commerciale, il Tesoro USA si è astenuto dal definire la Cina un “manipolatore di valute” nel suo ultimissimo rapporto semestrale sulle valute. Ciò nonostante ha espresso dei timori riguardo alla svalutazione del RMB e ha incluso la Cina nell’elenco dei Paesi da monitorare insieme a Giappone, Corea, India, Germania e Svizzera.
Come se non bastasse, si sono intensificate le tensioni con l’Arabia in seguito all’uccisione del giornalista del Washington Post, dopo che Trump si è detto insoddisfatto delle spiegazioni ricevute dall’Arabia stessa.
Il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al ribasso le stime di crescita mondiale. In particolare, le proiezioni di ottobre indicano una crescita globale del 3,7% sia per il 2018 sia per il 2019 (a luglio le stime erano del 3,9% per entrambi gli anni). Secondo la relazione del Fondo, alcuni dei rischi o dei temi evidenziati in precedenza, come l’escalation delle tensioni commerciali, la fuoriuscita dei capitali dalle economie emergenti e l’intensificarsi delle incertezze politiche, sono ora maggiormente pronunciati. Negli Stati Uniti è stata rivista al ribasso la stima di crescita del 2019 (+2,5% dal +2,7%), principalmente a causa delle politiche commerciali, mentre è rimasta stabile la stima per il 2018 (+2,9%). La revisione al ribasso ha riguardato anche l’Area Euro (dal +2,2% al +2% per il 2018) e il Regno Unito.
Sul fronte del mercato del lavoro, il tasso di disoccupazione americano è sceso inaspettatamente nel mese di settembre al 3,7% dal 3,9% di agosto: si tratta del valore minimo dal 1969. La pubblicazione del dato relativo all’aumento dei prezzi negli Stati Uniti era particolarmente attesa. Per fortuna il rialzo è stato alquanto moderato, con un +2,3% a livello globale e un +2,2% per la parte core. Negli ultimi tre mesi, la componente “core” è cresciuta al ritmo annualizzato di appena l’1,8%.
Ciò non ha impedito ai rendimenti americani a 10 anni di risalire sopra il 3.2%, livello che non toccava dal 2011 e al Dollaro di rafforzarsi fino a 1,14 contro euro, anche a causa delle incertezze politiche in Italia. Negativo il bilancio anche per le borse asiatiche, le obbligazioni High Yield e quelle Emergenti.
_ _ _ E U R O P A
Nell’area Euro, i dati preliminari sull’inflazione di settembre sono stati confermati da Eurostat, con un aumento del 2,1% su base annuale, in leggero incremento rispetto al 2% segnato il mese precedente.
Deludenti i PMI (indici dei direttori dell’area acquisti) di ottobre, in particolare tedeschi. Lunedì scorso la Bundesbank aveva preannunciato un arresto della crescita nel terzo trimestre in buona misura a causa dell’impatto del forte calo delle vendite di auto in seguito all’introduzione del nuovo test di omologazione che pone forti limiti alle auto alimentate a diesel. Oltre alle già citate questioni legate alla Brexit, a tenere banco anche i temi politici tedeschi con le due sonore sconfitte della compagine governativa alle elezioni regionali in Baviera ed Assia e con una forte ascesa del partito ecologista.
Anche in Europa i listini azionari sono stati fortemente penalizzati con gli indici ritornati sui minimi degli ultimi due anni mentre, per il momento, non si assiste a particolari effetti di contagio negativo sulle obbligazioni delle turbolenze legate all’aumento dello spread sui titoli italiani.
_ _ _ I T A L I A
Il governo italiano ha pubblicato la Nota al Documento di Economia e Finanza (DEF) 2018, illustrando i punti principali della politica economica dei prossimi anni. La crescita “programmatica” del PIL viene stimata all’1,5% per il 2019, all’1,6% per il 2020 e all’1,4% per il 2021. Il rapporto deficit/PIL “programmatico” previsto dalla manovra sarà pari al 2,4% nel 2019, al 2,1% nel 2020 e all’1,8% nel 2021. La Nota di aggiornamento al DEF prevede infine di mantenere su una traiettoria discendente il rapporto debito/PIL, sebbene ad un ritmo inferiore rispetto a quanto ipotizzato nel DEF precedente.
La Commissione Europea ha inviato una lettera al Governo italiano in cui si fa riferimento a una deviazione significativa dal percorso di riduzione del deficit strutturale, senza precedenti nella storia del Patto di Stabilità. La risposta del governo italiano conferma le linee guida degli interventi ma lasciando aperto il dialogo per eventualmente dare spazio ad una revisione della manovra entro il 20 novembre.
Nella dialettica tra Commissione UE e Governo italiano è intervenuto anche il presidente della BCE, Draghi, il quale ha asserito che non rispettare le regole porta a un prezzo alto da pagare per tutta la Comunità Europea, confidando però nel fatto che un accordo possa essere trovato.
Nel frattempo le due maggiori agenzie di rating si sono finalmente espresse: Moody’s ha abbassato il rating del debito pubblico italiano all’ultimo gradino dell’Investment Grade (BBB-), portando a neutrale l’outlook, mentre S&P’s ha “solo” modificato l’outlook a negativo (ovvero passibile di futura revisione al ribasso) confermando il rating a BBB.
Lo spread dei rendimenti BTP/Bund, che dopo l’annuncio della lettera della Commissione, aveva sfiorato i 340 p.b., ha fortunatamente ripiegato per chiudere il mese attorno al livello di 300 punti base, interpretando con sollievo le valutazioni delle agenzie di rating.
Ancora una volta sul listino domestico le vendite hanno colpito in maniera preponderante il comparto bancario, con la penalizzazione dell’indice italiano che dall’inizio dell’anno ha raggiunto oltre il 10%.
_ _ _ I N A R C A S S A
A fine Ottobre il patrimonio di Inarcassa a valori correnti di mercato si mantiene attorno ai 10,3 mld, con le penalizzazioni subite sull’intero comparto azionario che si sono aggiunte a quelle già registrate sulle quotazioni dei titoli italiani che tra azionario e obbligazionario raggiungono circa il 20% del patrimonio. A sostenere parzialmente la performance sono stati i titoli denominati in dollari grazie al nuovo apprezzamento della divisa americana. Tale componente è stata ulteriormente aumentata con la consapevolezza che l’esposizione valutaria costituisce al momento l’unico strumento per controbilanciare, nel portafoglio, le incertezze riguardanti la situazione italiana. Rimane positiva l’area dedicata agli investimenti nell’economia reale (private equity, private debt, infrastrutture, immobiliare) a conferma del suo effetto stabilizzante sul rischio del portafoglio.
Pubblicato: 29 ottobre 2018