ShortLetter - 10/2022
_ _ _ M O N D O
Ottobre in rialzo per i mercati azionari seppur con dinamiche piuttosto volatili complici anche gli atteggiamenti piuttosto contrastanti da parte dei responsabili delle diverse Banche Centrali. La Banca Centrale Europea ha alzato i tassi di ulteriori 75 bps portandosi al 2% nel tentativo di contenere, quasi magicamente, un’inflazione ormai oltre il 10%, ma ciò non ha provocato reazioni negative sui mercati. Innanzitutto perché la mossa era ampiamente scontata. In secondo luogo perché la Presidente Christine Lagarde ha dichiarato che il potenziale impatto di una recessione sull’inflazione sarà una variabile chiave per le prossime decisioni. Inoltre, la BCE ha rimandato a dicembre ogni riflessione sulla riduzione del proprio bilancio. Si tratta di dettagli che rendono l’impostazione della BCE sensibilmente più cauta rispetto al meeting precedente. Unica concessione ai falchi, rispetto alle attese, la rimozione della possibilità alle banche di lucrare con i fondi presi in prestito dall’istituto centrale, il cui rimborso viene incentivato.
La Banca del Giappone, infine, ha mantenuto invariata l’attuale politica monetaria estremamente accomodante, nonostante l’indebolimento dello Yen che ne deriva. La Banca del Canada ha aumentato i tassi di riferimento dello 0,50% invece che dello 0,75% atteso. Ha anche dichiarato che l’economia andrà a indebolirsi e che la fine della stretta monetaria si avvicina. Da qui è nata la speranza che la Federal Reserve americana possa assumere un atteggiamento simile in occasione dei prossimi appuntamenti di fine anno.
Inaspettatamente però le ultime dichiarazioni del Governatore della FED Powell rimangono improntate al massimo rigore prospettando ulteriori rialzi non solo entro la fine del 2022 ma anche fino almeno alla metà del 2023. Tutto ciò nonostante guerre commerciali, importanti elezioni politiche attese ed inattese (che hanno portato alla riconferma di Xi Ping in Cina, all’elezione di Meloni e Sunak in Europa e a quella di Lula in Brasile) minacce nucleari, avvisaglie di rischi sistemici sullo stile 2008 e trimestrali aziendali non proprio brillanti dovrebbero indurre ad un atteggiamento più morbido sul versante della politica monetaria.
Negli Stati Uniti molte sono state le società che hanno riportato male e/o hanno rivisto al ribasso le stime attuali e future confermando l’arrivo di mesi difficili per tutti i settori ad eccezione di pochi (solo industriali, energetici, utilities ed immobiliare mostrano in America tassi di crescita positivi per il prossimo trimestre). I colossi tecnologici Meta, Alphabet, Microsoft e Amazon hanno pubblicato risultati trimestrali peggiori del previsto e lamentano un contesto difficile. I loro titoli hanno subìto pesanti ribassi, ma non hanno provocato un’avversione al rischio generalizzata. Sul 2022 e sul 2023 le stime sugli utili americani sono scese a circa il 6% mentre appaiono ancora più alte quelle europee nonostante la sempre più probabile recessione “quasi invocata da tutti”. Gli indicatori anticipatori PMI di ottobre in Francia, Germania ed EU infatti hanno confermato i segnali di indebolimento sia nel settore manifatturiero che in quello dei servizi.


La fiducia dei consumatori americani è calata più del previsto e gli indici anticipatori PMI di ottobre hanno mostrato che l’attività economica è in contrazione sia negli Stati Uniti che in Europa. Questi dati, che in altri momenti sarebbero stati letti con preoccupazione, sono invece stati accolti con favore. Gli investitori sperano infatti che i segnali di rallentamento economico possano indurre le Banche Centrali ad allentare la stretta monetaria.
L’indice azionario mondiale (in valuta locale) ha guadagnato il 7.07% portandosi a -15.55% da inizio anno. Più nel dettaglio l’indice US ha registrato un +7.83% (–19.89% dall’inizio dell’anno), l’indice EU un +6.01% (-12.09% dall’inizio dell’anno), l’indice giapponese un +5.73% (-4.19% dall’inizio dell’anno). Le difficoltà economiche della Cina, alle prese con un XX Congresso del partito Comunista ancora poco chiaro in tema di politica zero Covid, ha pesato sull’indice dei paesi Emergenti che ha perso il -2.68% (-24.73% dall’inizio dell’anno). I mercati obbligazionari sono scesi nuovamente in ottobre per via di rendimenti ancora in salita: il Treasury americano decennale è passato da un rendimento del 3.82% al 4.05% dopo aver toccato anche il 4.24%; il Bund tedesco dal 2.11% al 2.14% dopo aver toccato il 2.42%. Nessuna particolare penalizzazione ha subito lo spread con il decennale italiano dopo l’esito elettorale anzi, al contrario, si è registrata una leggera progressiva riduzione. In lieve ripresa infine l’Euro nei confronti del dollaro, ritornato leggermente sopra la parità, che ha momentaneamente arrestato la sua corsa anche nei confronti della Sterlina. Dopo sole sei settimane al potere, infatti, il Primo Ministro inglese Liz Truss ha dovuto rassegnare le dimissioni. Il suo programma di tagli alle tasse e sussidi da 200 miliardi di sterline, privo di copertura finanziaria, aveva provocato il crollo dei titoli di Stato e della Sterlina, costringendo la Banca d’Inghilterra a intervenire. Le dimissioni del Ministro delle Finanze e la completa retromarcia sul piano fiscale non sono bastate a restituire a Liz Truss la fiducia del Partito e le dimissioni sono state inevitabili.
_ _ _ I N A R C A S S A
A fine ottobre 2022 il patrimonio di Inarcassa a valori correnti di mercato si mantiene sopra i 12,2 mld di Euro in virtù del leggero recupero dei listini azionari a cui si sono aggiunte le nuove entrate previdenziali di inizio mese. Il risultato negativo registrato dall’inizio dell’anno si riporta verso il -8% circa lordo a valori di mercato (mentre il risultato negativo a livello contabile si mantiene su livelli decisamente più contenuti). Ancora sotto pressione gli assets obbligazionari come conseguenza dell’irrigidimento delle politiche monetarie come testimoniato dal nuovo ciclo di rialzi da parte delle principali banche Centrali.
L’ultimo cda, proprio alla luce del permanere di rendimenti obbligazionari sui massimi dell’anno, ha deciso di integrare la quota destinata ai titoli di Stato italiani con particolare riferimento alla componente dedicata ai titoli indicizzati all’inflazione. Sempre al fine di sfruttare il processo di rialzo dei tassi e data la storica correlazione positiva tra andamento dei tassi e redditività del settore bancario il CdA ha anche deciso di integrare la quota destinata alle proprie partecipazioni dirette negli istituti bancari italiani quotati. Si conferma inoltre il peso sempre più rilevante e diversificato destinato agli strumenti illiquidi che destinano risorse alle piccole e medie imprese italiane sulla scia delle buone performances registrate anche in un anno difficile come quello in corso.
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