ShortLetter - 12/2022
_ _ _ M O N D O
Il 2022 è stato un “annus horribilis” per i mercati finanziari. Dopo l’escalation delle tensioni geopolitiche seguita all’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, tutto il mondo - in particolare l’Europa - è sprofondato nella peggiore crisi energetica dagli anni ‘70. In risposta all’inflazione in aumento, le banche centrali a livello globale hanno operato l’inasprimento monetario più deciso da 40 anni a questa parte. Una mossa che ha comportato importanti perdite sui mercati finanziari. In presenza di tassi in aumento e corsi azionari in calo, sui mercati finanziari non è rimasto alcun “porto sicuro”. A farla da padrone è stata l’instabilità. L'S&P 500 ha ceduto il 18% il peggior ritorno dal 2008 e il terzo peggior anno dal 1940. Tra le principali piazze azionarie globali solo UK, Brasile, India, Indonesia, Grecia, Portogallo e Turchia hanno registrato progressi nell'anno. L’indice azionario globale (il MSCI World) ha chiuso a -19% e il MSCI Emerging a -22%.
Grazie principalmente all’atteggiamento aggressivo della FED, che ha alzato i tassi per 4 volte, per complessivi 275 bps, dopo quello che per ora è il picco dell'inflazione, ovvero il dato di giugno del 2022, il 10 anni treasury ha perso il 16.5%, peggior anno della sua storia dal 1938.
Questa concomitanza di perdite di bonds e azionario è piuttosto rara. E' successo solo 5 volte dal 1928 (1931, 1941, 1969, 2018, 2022). Il classico portafoglio 60 equity 40 bonds (in Europa è forse considerato più classico l'opposto ma cambia poco) ha ceduto il 17.5% nel 2022, la peggior performance dal 1937 e la terza peggiore assoluta, battuta dal 1931 (-27.3%) e dal 1937 (-20.7%.)
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A dicembre, dopo i recuperi dei due mesi precedenti, In forte calo i mercati azionari e quelli obbligazionari: il MSCI World (in valuta locale) ha perso nel mese il 5.18%; l’indice US -6.01%, l’indice EU -2.678%; quello giapponese -5.32%.
Rendimenti nuovamente in salita e mercati obbligazionari anch’essi in calo con il Treasury americano passato dal 3.60% al 3.88% nel corso di dicembre (era 1.76% a inizio anno) ed il Bund tedesco dall’ 1.93% al 2.57% (-0.04% a inizio anno). E’ proseguito il parziale recupero dell’euro sul dollaro salito a quota 1.07 a fine mese (+1%) ma in calo di circa il -6% da inizio anno. E’ rimasto fermo intorno agli 80$ al barile il prezzo del petrolio (+6% dall’inizio dell’anno) mentre l’oro si è apprezzato di circa il 3.7% a 1830 (invariato da inizio anno).
A dicembre FED e BCE tra le altre (UK, Australia, Irlanda, Canada, Danimarca, India, Messico, Norvegia, Svizzera) hanno proseguito la loro stretta monetaria portando i rispettivi tassi di riferimento al 4.5% ed al 2% sorprendendo nuovamente i mercati con dichiarazioni perentorie sul loro impegno alla lotta all’inflazione. Negli Stati Uniti, i prezzi al consumo di novembre sono cresciuti dello 0,1%. E’ comunque, il minor incremento mensile da quasi un anno. Su base annua, l’aumento dei prezzi è stato del 7,1% rispetto al 7,7% di ottobre. Dopo aver toccato il massimo del 9,1% in giugno, l’inflazione ha così messo a segno il quinto calo consecutivo. Anche l’inflazione “core”, che non considera i prezzi molto variabili dell’energia e degli alimentari, è calata per il secondo mese consecutivo, assestandosi al 6%. Il ciclo dell'inflazione Eurozone sembra in ritardo di almeno 6 mesi rispetto a quello USA, come si nota paragonando i grafici.
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La FED ha preso atto del miglioramento dell’inflazione e ha deciso un rialzo dei tassi dello 0,50%, più piccolo rispetto agli ultimi quattro che erano stati dello 0,75%. Jerome Powell, però, ha detto che i tassi dovranno salire di almeno altri 75 punti base il prossimo anno, anche se ciò porterà l’economia allo stallo e farà salire la disoccupazione. In ogni caso, il rallentamento è già realtà. Lo conferma il calo di novembre delle vendite al dettaglio e della produzione industriale.
Anche la Banca Centrale Europea e la Banca d’Inghilterra hanno aumentato i tassi di riferimento dello 0,50%. La BCE, inoltre, a partire dal prossimo marzo, inizierà a normalizzare il proprio bilancio reinvestendo solo metà dei titoli che andranno in scadenza, il che significa ritirare liquidità dai mercati.
Entrambi gli istituti hanno anche chiarito che saranno necessari altri interventi sui tassi perché il rientro dell’inflazione è ancora agli albori. Nel frattempo, gli indici preliminari di dicembre hanno mostrato che l’attività economica globale rimane in contrazione anche se mostrano un leggero miglioramento in Europa. In realtà il recupero è principalmente dovuto alla componente aspettative che sembra aver risentito positivamente dell'attenuarsi dei timori relativi al costo dell'energia nel corso dell'inverno.
Negli USA il mercato continua a dubitare che la Fed realizzerà in pieno quanto promesso poiché la divergenza tra aspettative degli operatori e previsioni delle autorità monetarie è significativa.
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Per finire si è aggiunta anche la decisione di politica monetaria della Bank of Japan che ha aumentato la banda di oscillazione allo 0.50% per il rendimento del JGB (titolo di Stato) a 10 anni. La mossa è stata interpretata come un primo passo verso una normalizzazione della politica monetaria anche in Giappone che verosimilmente avverrà nel 2023, dopo anni di acquisti di titoli che hanno portato la BoJ a detenere quasi il 50% dei titoli di Stato in circolazione.
_ _ _ I N A R C A S S A
A fine 2022 il patrimonio di Inarcassa a valori correnti di mercato si stabilizza attorno ai 12,5 mld di euro come conseguenza del nuovo calo degli assets finanziari a cui però hanno fatto fronte le nuove entrate previdenziali di fine anno. Il risultato negativo registrato dall’inizio dell’anno si stabilizza attorno al -8,5% lordo a valori di mercato (mentre il risultato negativo a livello contabile si mantiene su livelli decisamente più contenuti). L’ultimo cda dell’anno ha avuto come obiettivo il riallineamento quanto più possibile della composizione del patrimonio alla nuova AAS per il 2023 e conseguentemente ha deliberato una leggera riduzione della componente azionaria a vantaggio di un irrobustimento dei titoli di Stato italiani indicizzati all’inflazione. Si conferma inoltre il peso sempre più rilevante e diversificato destinato agli strumenti illiquidi sulla scia delle buone performances registrate anche in un anno difficile come quello appena trascorso con particolare enfasi sulle nuove opportunità immobiliari in campo domestico connotate da particolari elementi di sostenibilità ambientale.
Pubblicato: 10 gennaio 2023