Shortletter - 9/2022
_ _ _ M O N D O
Settembre ha fatto registrare uno dei mesi peggiori della storia recente per i mercati finanziari quotati con l'S&P 500 che ha registrato un -9.3% sul mese. La caduta dalla di metà agosto ha superato il 17%, raggiungendo il livello il minimo da Novembre 2020, in piena pandemia. Stesso fenomeno registrato per tutti gli indici azionari mondiali.
In campo macro ha continuato a regnare sovrana la minaccia inflazionistica e la paura del possibile rallentamento economico indotto dalle politiche monetarie restrittive in atto in tutto il mondo. Dopo il lungo regno di tassi bassi e quantitative easing, le principali Banche Centrali hanno deciso di fare sul serio e combattere l’inflazione senza se e senza ma. La FED è passata dunque in 5 mosse da 0 a 3.25%, l’ultima delle quali a settembre con un nuovo rialzo di 0,75%, dichiarando di vedere i tassi al 4.6% entro la fine del 2023. Lunga la lista dei Paesi che nel mese hanno seguito le orme della FED: Regno Unito, Australia, Canada, Norvegia, Svezia, Danimarca, India, Messico, Svizzera. Anche la BCE nella riunione dell’8 settembre ha deciso di aumentare i tassi ufficiali di 0,75%, lasciando intendere un ulteriore intervento della stessa portata nel meeting di ottobre, in assenza di una soluzione credibile al problema energetico. Nel frattempo, l’inflazione preliminare di settembre in Area Euro è salita al 10% dal 9,1% del mese precedente Anche il dato che esclude i rincari degli alimentari e dell’energia è risultato in crescita. Anche in Giappone, paese che da decenni tentava di sostenere la dinamica dei prezzi, il dato di inflazione di agosto ha sorpreso al rialzo segnando i massimi da più di 30 anni. Se confrontati con quelli europei o statunitensi i numeri non sono paragonabili, ma il dato di agosto ha toccato il 3% mentre l’indice core è salito al 2.8% sopra il target della BOJ. Le dinamiche inflazionistiche sono evidentemente al centro dell’attenzione dei mercati. In generale l’inflazione è stata spinta da tre componenti. La prima riguarda i cosiddetti “colli di bottiglia”, vale a dire il malfunzionamento delle catene distributive e produttive generate dalla forte ripartenza post-Covid; la seconda è collegata al rialzo delle materie prime; la terza è inerente a quegli effetti di “moltiplicazione” dell’inflazione perché i settori che hanno subito aumenti dei prezzi li scaricano sui settori a valle. La prima componente si sta raffreddando gradualmente, come emerge, per esempio, anche dalla continua discesa dei prezzi dei trasporti internazionali da e verso la Cina. Relativamente alla seconda componente, le quotazioni delle materie prime stanno gradualmente rientrando, anche se in Europa questo viene percepito meno a causa dell’impatto diretto della guerra sui prezzi del gas. La terza componente, invece, al momento si mantiene forte e continua ad alimentare l’inflazione core. Continuano intanto ad aggravarsi le tensioni internazionali Mosca ha annunciato l’annessione delle regioni dell’Ucraina occupate dall’esercito russo e il gasdotto che trasporta il gas dalla Russia all’Europa è stato gravemente danneggiato, alimentando accuse reciproche tra il Cremlino e i paesi della NATO La Germania ha stanziato 200 miliardi di Euro in aiuti per famiglie e imprese contro i rincari dell’energia, provocando le critiche degli altri paesi che avrebbero preferito interventi comuni. Come se tutto ciò non bastasse si è aggiunta la crisi di debito e valutaria innescata dal Governo Truss in UK, che non solo ha annunciato un poderoso piano fiscale contro i rincari dell’energia ma anche un forte taglio delle tasse per stimolare l’economia. Non avendo adeguata copertura finanziaria, queste misure aumenterebbero notevolmente il debito pubblico. Gli investitori hanno reagito molto negativamente: la sterlina ha toccato i minimi da 37 anni e i titoli di Stato hanno subìto forti vendite, tanto che il loro rendimento decennale è salito di 70 punti base. La Banca d’Inghilterra ha riportato la calma con acquisti di titoli di Stato, ma ciò ha significato riespandere il proprio bilancio quando invece aveva già annunciato di iniziare a ridurlo in ottobre. I mercati non hanno evidenziato particolari tensioni all’indomani delle elezioni italiane. La coalizione di centrodestra ha ottenuto una maggioranza tale da assicurare la stabilità di Governo che gli investitori evidentemente apprezzano.
L’atteggiamento estremamente aggressivo delle banche centrali che temono di vedere svanire il loro potere di controllo sulla dinamica inflattiva, continua a produrre un forte rialzo dei rendimenti obbligazionari. La salita da inizio anno è di 250 bps in US, e 220 in Eurozone. Il 2 anni USA ha superato il 4% di rendimento e l'intera curva USA si è invertita, con il rendimento a 30 anni passato sotto il 10 anni. Anche in Eurozone possiamo osservare che il rendimento a 30 anni tedesco è passato abbondantemente sotto il 10 anni (1.82% vs 1.88%). A segnalare grandi timori di recessione per entrambe le aree economiche.
Cosi come in Europa la bolletta energetica pesa drammaticamente sul budget personale dei consumatori anche negli USA i consumatori americani si trovano a fronteggiare grandi pressioni su alcuni capitoli molto rilevanti del loro reddito spendibile. Con il tasso dei mutui che si sta avvicinando al 7% ed i prezzi delle case che sono saliti in media di oltre il 25% l'americano medio che vuole comprare casa si ritrova un acconto medio molto più caro e una rata raddoppiata. Ciò sta già esercitando una forte frenata sul mercato immobiliare USA con conseguenze potenzialmente negative sulla dinamica economica.
Anche per l’Eurozona i segnali di frenata della dinamica economica si intensificano. Gli indicatori anticipatori per Francia, Germania ed Eurozona hanno confermato una contrazione dell’attività anche per il mese di settembre. L’attività economica ha segnato quindi il terzo mese consecutivo di contrazione dopo quelli di luglio e agosto. S&P Global segnala che il deterioramento è stato rapido ed è stato osservato sia nel terziario che nella manifattura a causa della riduzione dalla domanda.
_ _ _ I N A R C A S S A
A fine settembre 2022 il patrimonio di Inarcassa a valori correnti di mercato si mantiene poco sopra i 12 mld di Euro in virtù delle conseguenze particolarmente negative provenienti indistintamente dalle varie attività finanziarie solo parzialmente compensate dalle nuove entrate previdenziali di fine settembre. Il risultato negativo registrato dall’inizio dell’anno raggiunge quasi -9% circa lordo a valori di mercato (mentre il risultato negativo a livello contabile si mantiene su livelli decisamente più contenuti). Ancora sotto pressione gli assets azionari come conseguenza dei timori sulla tenuta del ciclo economico mondiale alimentati dall’irrigidimento delle politiche monetarie che ha avuto come conseguenza anche un ulteriore indistinto rialzo dei rendimenti obbligazionari.
L’ultimo cda, anche tenendo conto dell’introduzione dei principi di ALM, alla luce della evoluzione recente delle grandezze finanziarie ha deliberato di proporre al prossimo CND una rivisitazione dell’asset allocation strategica privilegiando nuovamente la componente obbligazionaria e riducendo leggermente quella azionaria, il tutto con una sempre maggiore caratterizzazione ai temi della sostenibilità. Si conferma il peso sempre più rilevante e diversificato destinato agli assets illiquidi (compreso l’immobiliare) sulla scia delle buone performances registrate anche in un anno difficile come quello in corso.
Pubblicato: 10 ottobre 2022